Volare inquina? La risposta – fatti salvi i distinguo d’obbligo tra il motore di un C150 e quello di un B777 – è inequivocabile e univoca: sì.
Va da sé che, in un periodo in cui l’attenzione al cambiamento climatico e alla conseguente riduzione delle emissioni di CO2, il ragionamento investe, pesantemente, l’intero settore dell’aviazione, generale e non. Nel nostro “piccolo”, basti pensare che l’AvGas (la benzina per i nostri aerei, insomma) è ancora con il piombo e tra le molte discussioni non si è ancora giunti a un accordo per modificare la miscela. Non c’entra direttamente con il climate change, ma si comprende come si sia ancora indietro su molti aspetti.
Ma torniamo in carreggiata con qualche dato utile a inquadrare la questione. Pochi giorni prima che in Cina deflagrasse la pandemia da Sars-Cov-2, volavano, sul solo cielo cinese, 13.765 aerei, il 32% in più del 2019. La China Southern e l’Air China (i due colossi d’Oriente) erano in fondo alla lista delle compagnie internazionali più green.
Da lì a pochi mesi, la situazione mutò drasticamente: la pandemia prese il sopravvento e con essa avvenne il tracollo delle emissioni inquinanti da parte dei velivoli ad uso civile. Bastano due dati per comprendere il cambiamento: nel 2019 le tonnellate di CO2 emesse dagli aerei erano state pari a 785 milioni. Nel 2020 si sono fermate a 408 milioni.
Poco sostenibili
In Europa, la maglia nera delle emissioni per il trasporto passeggeri rimane saldamente indossata dalle automobili (44%), i treni sono considerati i mezzi più ecologici (0,5% delle emissioni), gli aerei rimangono il mezzo più inquinante per spostarsi da un dato punto A verso B. Parliamo, ovviamente, di liner: se consideriamo i grammi di CO2 prodotti per km2/passeggero, gli aerei emettono circa 285 grammi di CO2 per persone, contro i 104 delle auto e i 14 dei treni. Per dirla in parole povere: se voliamo dal Portogallo alla costa Est degli Stati Uniti, un singolo passeggero emette più gas serra di una casa riscaldata per un intero anno.
I correttivi
Va da sé che, nello sforzo contro il riscaldamento globale, pure le compagnie aeree dovrebbero dare un loro contributo. Ma come? Biocarburanti, miscele alternative, elettrico. Sono tutte ipotesi sul tavolo, ma nessuna con una finestra di realizzazione dietro l’angolo. La bacchetta magica non esiste e se si considera quanto tempo ci sia voluto per immettere nel mercato le prime auto elettriche, beh: progettare un aeroplano – che per di più trasporti passeggeri – elettrico non è così scontato e immediato.
Carburanti alternativi
La sfida principale – al momento – punta tutto sull’idrogeno. Il motivo è semplice: come prodotto di scarto, genera pura acqua. Ma, e non è cosa di poco conto, si dovrebbe ripensare totalmente all’ingegnerizzazione di tutti gli aerei da trasporto passeggeri esistenti al mondo.
Qualche progetto promettente esiste. In Inghilterra, la britannica FlyZero (una joint venture tra governo e industria) ha come obiettivo la realizzazione di un velivolo alimentato a idrogeno e in grado di trasportare 280 passeggeri da Londra a San Francisco. Senza scali e a un FL290. I tempi? Lontani: si parla tra il 2035 e il 2040.
Anche AirBus, con il suo ZEROe, punta sull’idrogeno con tempistiche simili, ma indiscrezioni parlano di un rallentamento dei piani, mentre le tratte coperte sarebbero solo quelle di medio e corto raggio.
I taxi volanti?
Vertiporti per velivoli a decollo verticale e alimentati ad elettricità? I progetti ci sono, le attenzioni (soprattutto degli investitori) ci sono: si stima che il business, entro il 2040, potrebbe valere 1.500 miliardi di dollari all’anno. Al momento, però, tra incidenti che hanno rallentato lo sviluppo, si insinuano altre problematiche: la diffidenza dei consumatori, l’addestramento dei futuri piloti e la logistica a terra, differente tra aree geografiche. Se negli Stati Uniti un servizio di questo tipo, a breve raggio, potrebbe essere utile (così magari si evitano i bus di American Airlines), in Europa, dove il trasporto su gomma connette già bene e dove gli spazi non sono così ampi, la partita è diversa. E poi… I prezzi. Quanto costerà il servizio? Probabilmente molto, almeno nei primi anni di esercizio.
Gli aerei elettrici
Infine, ci sono loro: il totem della sostenibilità aerea. Se per l’aviazione generale qualche esperimento interessante è già realtà, per i liner – il grosso del problema inquinamento, diciamolo – la realtà è diversa. Servirà tempo, e molto, per vedere volare un aereo di linea elettrico con capienza maggiore di cento posti.
Qualche progetto c’è. Esiste una joint venture tra EasyJet e uno startup americana, la Wright Electric con una lineup operativa prevista inizialmente al 2027, poi spostata al 2030. La previsione parla di un velivolo da 186 posti, anche se la Wright si sta occupando pure di progetti in scala ridotta: aeroplani da 100 posti massimo per brevi tratte da un’ora con motori alimentati da batterie ad alluminio. Idee buone, forse, ma di nicchia ancora. Nel 2020, Boeing ha dichiarato che per vedere un 737 elettrico serviranno ancora decenni.
La politica e le spinte alla rivoluzione
E poi c’è la politica. È chiaro che, come sta accadendo per l’industria in generale, ma soprattutto per il comparto automobilistico, le spinte al cambiamento sono state dettate da leggi via via più restrittive sull’uso dei combustibili fossili, a livello locale e in ambito comunitario (per l’UE). Limitazioni in tal senso potrebbero arrivare anche per il settore aeronautico, contando che l’opinione pubblica, più sensibilizzata rispetto a pochi anni fa, potrebbe aumentare la spinta al rinnovamento. I tempi non sono ancora maturi, le tecnologie nemmeno. Rimaniamo sintonizzati sulla frequenza “green”.